Cosa rimane a Facebook se togliamo il blu e la pubblica condivisione? Il futuro.
E il futuro è «privato», come recita l’headline che inaugura l’F8 Developer Conference: l’appuntamento annuale in cui Facebook parla al suo pubblico e ai suoi sviluppatori. Una vera e propria maratona, due giorni di full immersion tra le nuove tecnologie. Un’occasione per presentare le novità, gli aggiornamenti e gli andamenti globali delle piattaforme social più utilizzate al mondo, senza escludere l’evoluzione della messaggistica istantanea nei servizi di Messenger e Whatsapp.
Insomma, parecchia carne al fuoco, vediamo di non bruciarla e andiamo con ordine.
Sì è vero, al momento Mark Zuckerberg non è la persona più quotata per parlare di privacy, ma tant’è che su una delle più grosse falle che il colosso californiano ha avuto dalla sua nascita, hanno deciso di costruirci il futuro. Il tema è delicato e sta a cuore molto più di quello che sembra. Incredibilmente – ma neanche tanto – la tendenza si sta invertendo, gli utenti hanno voglia di privacy, vogliono nuovi spazi per condividere la propria vita online con le persone più intime: amici, parenti, conoscenti, reti professionali, ma non con tutto il popolo del web. Si può parlare di un ampliamento delle nostre living room quotidiane, fatto sta che la presenza di nuove stanze digitali in cui poter decidere con chi parlare, come parlare e quando parlare, diventa fondamentale. Questo, che piaccia o no, detta le leggi delle tendenze più recenti.
Da qui Facebook è ripartito in quarta: «Oggi parleremo di come vogliamo costruire una piattaforma social focalizzata sulla privacy», parole chiare per una direzione precisa, nonostante le polemiche, gli scettici, i leoni da tastiera e tutta la gente che «non è sicura che prendiamo sul serio questo tema». L’F8 2019 è senza dubbio dedicato a loro, e gli asset sono interazioni private, crittografie end-to-end, minor durata di messaggi e storie, sicurezza e gestione dei dati sensibili.
Privacy, ma non solo. In quel di Menlo Park hanno lavorato per migliorare l’usabilità e ottimizzare l’esperienza quotidiana degli utenti, per farlo sono partiti dal design e dai feedback diretti: «Ci sono decine di milioni di gruppi attivi su Facebook. Quando le persone trovano quello giusta, lo rendono spesso la parte più significativa del loro utilizzo di Facebook. E oggi, più di 400 milioni di persone su Facebook appartengono a un gruppo per loro importante. Per questo stiamo mettendo a punto un nuovo design per Facebook più semplice e che mette al centro le community. Stiamo anche introducendo nuovi strumenti aiuteranno gli utenti a scoprire e interagire con gruppi di persone che condividono gli stessi interessi.»
Una home un (bel) po’ meno blu, un visual che vira sul bianco, sulla facilità di navigazione e che prosegue le implementazioni con Messenger e sulle priorità di una navigazione responsive e mobile first. Semplice, veloce, intuitivo e con il focus puntato sulle community e sulle interazioni tra gli utenti. Investimenti anche sulla gestione delle cause umanitarie, sociali, e del volontariato, con la possibilità di raggiungere (privatamente, per carità) ancora più contatti.
Dal punto di vista dell’interoperabilità i passi avanti sono sensibili nelle connessioni tra le piattaforme: Messenger vede finalmente l’arrivo di una desktop app – un sonoro applauso si è alzato in sala – e le storie sbarcano anche su Whatsapp, affermandosi ormai come lo strumento principale per creare engagement, promozioni e conversioni tangibili.
Ultimo, ma non in ordine di importanza, Instagram. Oltre alle nuove features per la creazione delle storie, l’attenzione è stata rivolta soprattutto al ruolo dell’ecommerce. Il negozio Instagram sta allargando i confini, e dopo aver permesso ai brand di vendere i propri prodotti nelle foto, ha pensato di farlo direttamente in-app, così incassando una percentuale (non dichiarata) sulle transazioni, permetterà agli utenti di comprare prodotti direttamente dai post.
Quindi… markettari, smanettoni e pirati dei social network, ci aspetta un anno particolare. Un po’ meno blu e un po’ più vicino alle persone, ma senza esagerare (e magari senza farsi convocare dal Senato per una deposizione).