Coo’ee ai Digital Innovation Days 2019

22.10.2019

Milan l’è un gran Milan.

Una grande verità che trova riscontro negli eventi e nelle manifestazioni di spessore che regalano a Milano quel vestito speciale di capitale della moda, del design, della tecnologia, e chi più ne ha più ne metta. A Milano c’è tutto, e questo weekend c’eravamo pure noi. Siamo andati a fare un giro all’evento più fiko, utile, rispettato e innovativo dell’anno: i Digital Innovation Days. Praticamente il meeting globale dell’industria della comunicazione digitale.

3 giorni di totale immersione in un unico luogo per migliaia di professionisti da tutto il mondo: menti creative, innovative, brillanti accompagnate da marchi di caratura internazionale per far crescere il business attraverso la comunicazione digitale.

I numeri parlano chiaro: 2 palchi, 50 speaker, 6 installazioni e 8 laboratori. Un programma dal carattere straordinario dove visionari e grandi pensatori hanno avuto il compito di ispirarci e guidarci attraverso le sfide e le opportunità che il digitale ci offre per il presente e per il futuro. Verrebbe quasi da dire taaac.

Cos’abbiamo visto quest’anno?

  • Matteo Flora, CEO di The Fool, ha tracciato un interessante percorso di come il digitale sta cambiando radicalmente le nostre vite, inserendo il futuro della comunicazione digitale nell’era Data Driven. Lui lavora qui, per dire.
  • Marco Marranini, CEO do Open Influence, si è concentrato sulle strategie e buone pratiche dell’Influencer Marketing Multi Piattaforma, spiegando una differenza interessante, quella tra influencer e content creator. Ah, dice anche di tenere d’occhio TikTok, a scanso di equivoci (cit. Montemagno).
  • Federico Sbandi, Digital Executive di Brunswick Group, azienda che si occupa di dare gli strumenti strategici necessari in situazioni di crisi aziendale. Nel suo intervento ha affrontato l’importanza della comunicazione diretta del CEO su LinkedIn e di come molte cose sarebbe meglio comunicarle senza filtri, quelli lasciamoli a Instagram.
  • Michela Guerra, Marketing specialist di SAS, azienda leader nell’ambito analytics, ha portato una case study fatta in casa da SAS: quando i dipendenti diventano il cuore del brand. Non è altro che utilizzare i dipendenti come veri e propri ambassador – lei li ha chiamati Evangelist – per alzare la percezione dell’azienda partendo dall’interno. Un modello utile a chi investe nell’employer branding.

Cosa pensiamo di quello che abbiamo visto?

Parlano tutti di dati, dati, dati, ma raga… così la creatività non muore? È chiaro a tutti che l’analisi è importante, ma non possiamo dipendere completamente dai numeri, altrimenti rischiamo di lasciare per strada tutta la parte emozionale e la potenza di un approccio disruptive. Insomma, ogni tanto ricordiamoci le basi.

L’influencer marketing funziona? Sì, se fatto da figure credibili e autentiche, altrimenti è un bagno di sangue. Non c’è SEMPRE bisogno degli influencer, abbiamo già abbastanza dipendenze.

Abbiamo sentito termini come committare, deliverare, fittare, sherare, forwardare. Della serie, dai Digital Days vi saluta l’italiano. Parliamo la lingua dei nostri clienti, facciamoli sentire più vicini al nostro mondo, solo così potremo convincerli del beneficio di una buona comunicazione.

LinkedIn sta diventando un bel partner professionale, forse è il caso di coinvolgerlo nei piani editoriali e creare contenuti ad hoc diversi da tutti gli altri. Proveremo e vi diremo.

Ultimo, ma non in ordine di importanza: alla reception si poteva bere la birra con la realtà virtuale. Cioè non la bevevi veramente. Dobbiamo aggiungere altro?

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